martes, 3 de enero de 2017

PMLI: Ping Pong entre un lector y El Bolchevique



                        
“¿Perché avete ignorato la morte di Fidel Castro?”
In qualità di attempato sessantottino (avevo allora 18 anni) desidero sottoporvi un mio breve commento, se non vi sono preclusioni, relativo a fatti di cronaca quali sono quelli riportati sul sito del PMLI che leggo con estremo interesse e con grande frequenza. Al riguardo posso dire di condividere la vostra linea al 70/80% ma non condivido talune scelte strategiche che approfondirò in una successiva occasione. Vorrei provare a mettere a fuoco le scelte editoriali redazionali e della Segreteria del partito. Nulla da dire sulle vostre scelte politiche ed ideologiche ma non riesco proprio a capire la decisione di ignorare un fatto che appartiene alla Storia; alludo alla morte di Fidel Castro.
So che il Partito non ama, o meglio non condivide nulla di Castro e di Ernesto Che Guevara. Mi chiedo però che significato possa avere il silenzio assoluto su tale fatto che comunque è stato agli onori della cronaca del mondo intero; se Guevara e Castro erano assimilabili al cosiddetto trotzkismo non per questo vanno ignorati visto che sono stati protagonisti di una rivoluzione armata nata su basi popolari e senza nessun aiuto esterno (URSS, Cina). Anzi proprio il dissenso da quel tipo di socialismo poteva essere la sede per un dibattito o, meglio, per un bilancio di questo segmento di storia politica che, comunque, ha tentato di opporsi all'imperialismo americano.
Ho visitato anche di recente Cuba ed ho visto un popolo di grande dignità, che  difende il socialismo, che soffre certamente ma non scappa per raggiungere il miraggio di una vita borghese magari a Miami tra faccendieri, speculatori, delinquenti, spie anticastriste. E dunque perché lasciare nell'oblio questo leader che è morto povero e sulla trincea antimperialista fino alla fine? Né sarebbe logico o credibile sostenere che la morte del Comandante Fidel sia un fatto privato o estraneo agli interessi popolari. Il suo popolo lo piange e lo ha pianto e questo è un dato incontrovertibile. La sua morte e la sua vita non appartengono alle masse popolari ed ai suoi interessi? A chi tocca un giudizio del genere? Sono forse nemici degli operai e dei contadini? Non lo credo. Certo quel processo rivoluzionario non è stato scevro da errori e deviazioni, ma ha resistito agli assalti dei circoli reazionari e imperialisti.
Ho letto in queste settimane altri commenti (le vicende grilline della giunta Raggi, la legge del cognome materno, ecc.), tutte questioni che non scaldano il cuore. Persino la nomenklatura della Corea del Nord e della Russia hanno ritenuto di celebrare con dichiarazioni (di facciata) dei loro leader la figura di un protagonista degli ultimi 60 anni che non può essere cancellata con un tratto di penna.
Buon lavoro.
V. Rossi, via e-mail

Respuesta de El Bolchevique:

Il fatto che non abbiamo parlato della morte di Castro non sostiene automaticamente la tesi, che appare implicita nella tua critica, di “ignorare Guevara e Castro” e di voler evitare “un dibattito e un bilancio” sulla rivoluzione cubana. Basta digitare su un motore di ricerca le parole “Cuba, PMLI” per accedere a tutta una serie di articoli de “Il Bolscevico”, anche se non completa, con cui abbiamo  espresso  approfonditamente le nostre posizioni sui due leader e sulla situazione cubana, dai congressi del PC di Cuba al criminale embargo imperialista sull'isola, dalle “riforme” economiche ai recenti sviluppi dei rapporti con la UE e gli USA, e così via. Tra questi articoli puoi trovare, se non l'hai già letto, anche il fondamentale documento del Segretario generale del PMLI, scritto nel 1995, dal titolo “Dove porta la bandiera di Guevara”, che sintetizza in maniera approfondita ed esaustiva l'analisi e il giudizio del Partito sul castrismo, sul guevarismo che ne è parte integrante e sulla rivoluzione cubana.
A meno che con la tua critica tu non volessi rimproverarci in realtà di non aver parlato di Castro per farne un'apologia come ha fatto per esempio il falso Partito Comunista di Rizzo,  che ha inviato una delegazione ai funerali e per il quale Castro è stato “un grande dirigente marxista-leninista” (da “Senza tregua”, organo della FGC) e  “Il dirigente comunista che ha saputo mantenere ferma la costruzione della società socialista dopo gli eventi controrivoluzionari in URSS e nell’est Europa”; il leader il cui nome “resterà scritto nelle pagine della storia accanto a quello dei grandi rivoluzionari di ieri, e ne siamo convinti, a quelli di domani. Nel tuo nome compagno Fidel continuiamo la nostra lotta. Hasta siempre Comandante!” (dal sito del PC). Lo stesso opportunista e imbroglione trotzkista Rizzo, bada bene, che in un'intervista del 28 aprile 2008 a “Il Giornale” della famiglia Berlusconi, alla domanda di quale fosse la sua idea di socialismo da realizzare in Italia, così svelava il suo vero pensiero: "Cuba, per la passione che c'è laggiù. Ma solo per la passione. Se mi chiedi se si sta meglio a Cuba o in Italia, dico in Italia. Sono comunista, mica scemo”.
Noi che non siamo ipocriti e non abbiamo due facce come Rizzo, una per ingannare i sinceri comunisti e l'altra per rassicurare i lettori de “Il Giornale” e gli spettatori delle tv Mediaset, dove è sempre ben accetto in veste di rivoluzionario da salotto, ribadiamo tutto il nostro sostegno alla rivoluzione cubana, in quanto diretta  a difendere l'indipendenza nazionale e ad opporsi all'imperialismo e al blocco affamatore imposto dagli Stati Uniti. Ma allo stesso tempo ribadiamo anche di non considerare Cuba uno Stato socialista, né Fidel Castro un marxista-leninista, né la rivoluzione antifascista e antimperialista del 1959 un modello universale per il proletariato, come lo sono invece la Rivoluzione d'Ottobre diretta da Lenin e Stalin e la Rivoluzione cinese diretta da Mao.

Castro vassallo del socialimperialismo sovietico

Cuba non è un Paese socialista, è un Paese antimperialista governato da un'élite burocratica borghese revisionista che solo a parole e in maniera strumentale si richiama al socialismo. Non lo è mai stata, perché fin da subito questa élite, che pure aveva condotto vittoriosamente la guerrigli contro il dittatore fascista Batista, asservito all'imperialismo americano, la svendette all'URSS revisionista di Krusciov, facendola diventare una sorta di sua colonia, con un'economia basata sulla monocultura della canna da zucchero, e una sua base militare, con l'installazione avventuristica e fallimentare dei missili dei revisionisti sovietici sull'isola.
Successivamente il governo cubano ha continuato a svolgere un ruolo di vassallo  dell'URSS revisionista anche quando questa si è trasformata nello Stato socialimperialista e aggressivo di Breznev, fino al punto di servirgli da “legione straniera” per le sue avventure militari in altri Paesi, come ad esempio in Angola, Mozambico ed Etiopia. In America Latina il castrismo, una variante cubana del trotzkismo, affine alla “rivoluzione permanente” di Trotzki, ha teorizzato e tentato di mettere in pratica, con esiti peraltro fallimentari e spesso disastrosi, l'esportazione della rivoluzione basata sul “fuoco guerrigliero”.
Esperienza vincente nella rivoluzione del 1959, ma solo per le circostanze del tutto particolari ma irripetibili, come ha dimostrato la tragica vicenda di Guevara, che dopo il fallimento del suo primo tentativo di esportare la rivoluzione in Congo si intestardì di ripetere questa esperienza individualista e avventurista in Bolivia andando incontro alla morte del tutto isolato ed estraneo alle masse che voleva idealisticamente coinvolgere col suo semplice esempio. Come ha detto il compagno Scuderi nel su citato documento “Dove porta la bandiera di Guevara”: “Non è sufficiente morire per una causa in cui si crede. Per essere definiti internazionalisti proletari occorre che questa causa sia giusta, ma anche la linea che si persegue e le azioni che si compiono devono essere giuste”.
E la linea di Guevara, così come quella di Castro era tutt'altro che marxista-leninista, ispirata ai Grandi Maestri del proletariato internazionale, bensì aveva come modello il rivoluzionario nazionalista José Marti', e nello scontro mondiale che allora opponeva i veri marxisti-leninisti, guidati da Mao, e i revisionisti kruscioviani e brezneviani, si schierarono decisamente con questi ultimi, contribuendo ad isolare la Cina e Mao nel movimento comunista internazionale e arrecando così un grave danno alla causa della rivoluzione e dell'antimperialismo.

Attacchi a Mao e Stalin

A parole Castro e Guevara proclamavano la loro equidistanza tra i due schieramenti inconciliabili, ma di fatto e con ciò stesso isolavano Mao e servivano il gioco dei revisionisti. A questo proposito, nel libro-intervista “Fidel Castro, autobiografia a due voci”, del direttore di “Le monde diplomatique” Ignacio Ramonet, il leader cubano ammette infatti: “Mi sarebbe piaciuto conoscere Mao. Non fu possibile perché quasi subito sorsero problemi e divergenze a causa del conflitto cino-sovietico... non dimentico la lettera in cui chiedevo alla Cina e all'Urss di unirsi, di superare le rivalità”.
Vi compaiono inoltre numerosi attacchi di Castro a Mao, che “commise gravi errori politici” a causa dell'“eccessivo culto della personalità che gli veniva tributato” e che tra l'altro avrebbe fatto la Lunga Marcia “solo per dimostrare che tutto era possibile”; così come alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria e anche a Stalin, da Castro accusato perfino di non appoggio postumo alla rivoluzione cubana: “Dopo il trionfo del 1959 – si legge sempre nel suddetto libro-intervista - l'appoggio dell'Urss fu fondamentale. Sarebbe andata in modo diverso nel 1953 (cioè se avesse avuto successo il suo primo tentativo insurrezionale dell'assalto alla caserma Moncada, ndr). nell'Urss prevalevano lo spirito e la politica stalinisti e benché Stalin fosse già morto da qualche mese, nel marzo 1953 si era ancora nell'era staliniana. E Stalin non era Kruscev”.
È un dato di fatto che Castro non credeva al socialismo realizzato nell'Urss di Stalin e nella Cina di Mao, mentre è andato a braccetto, persino con Gorbaciov, con gli autori della restaurazione del capitalismo in quei Paesi.

Verso la piena restaurazione del capitalismo

Dopo il crollo del socialimperialismo sovietico e dei suoi paesi satelliti, e la restaurazione in detti paesi e in Cina del capitalismo, anche Cuba, pur continuando a proclamarsi socialista, si è gradualmente aperta alla proprietà privata e al mercato capitalistici, soprattutto a partire dal VI Congresso del PCC del 2011, che ha abolito la tessera egualitaria in vigore dal 1962, reintrodotto la piccola proprietà privata della terra, delle case e della piccola impresa, aperto agli investimenti stranieri e programmato il licenziamento di oltre un milione di dipendenti pubblici in cinque anni. Per non parlare della clamorosa marcia indietro ideologica di Castro  della svendita di Cuba alla chiesa cattolica, a partire dalla trionfale visita nell'isola del papa nero Wojtyla.
Col VII Congresso del 2016 questa linea revisionista è stata ulteriormente portata avanti con la parola d'ordine significativa del “socialismo prospero e sostenibile”, o in altre parole “meno Stato e più mercato”, basata sulla reintroduzione della regola della domanda e dell'offerta che, come ha detto Raul Castro, “non è nemica del principio di pianificazione”. Una decisa svolta capitalistica che ha aperto la strada alla firma di un cospicuo accordo economico con la UE imperialista (dopo quello già operante da tempo con la Spagna) e al recente disgelo con l'imperialismo USA.
Il quale già si prepara a sbarcare in forze sull'isola con tutta la potenza dei dollari per trasformarla di nuovo in una sua semicolonia come nel passato, se il popolo cubano non lo sventerà sconfessando la politica dei suoi leader borghesi, revisionisti e opportunisti e impugnando con forza la bandiera dell'indipendenza nazionale, dell'antimperialismo e del socialismo.
Immaginiamo che a questo punto avrai capito perché non abbiamo parlato di Castro alla sua morte. Quello che avevamo da dire su di lui l'abbiamo detto quando era in vita. È questo l'atteggiamento che teniamo quando muoiono dei leader falsi comunisti.


DE SEGUIDO EL DEBATE EN CASTELLANO



PING PONG ENTRE UN LECTOR Y EL BOLCHEVIQUE

“¿Por qué habéis ignorado la muerte de Fidel Castro?”

En calidad de viejo sesentaocheno (tenía entonces 18 años) deseo someterles un breve comentario mío, si no hay impedimentos, relativo al hecho de crónica cual son aquellos reportados sobre el sitio del PMLI que leo con extremo interés y con gran frecuencia. Al respecto puedo decir de compartir vuestra línea al 70/80% pero no estoy de acuerdo algunas escogencias estratégicas que profundizaré en una sucsiva ocasión. Quisiera poner al fuego las escogencias editoriales redaccioanles y de la Secretaría deñ Partiodo. Nada por decir sobre vuestras escogencias políticas e ideológicas pero no llego a comprender la decisión de ignorar un hecho que pertenece a la Historia; aludo a la muerte de Fidel Castro.

Se que el Partido no ama, o mejor no comparte nada de Castro y de Ernesto Che Guevara. Me pregunto empero que significado pueda tener el silencio absoluto sobre tal hecho que con to a sido los honores de la crónica del  mundo entero, si Guevara y Castro eran asimilables al llamado trotzkysmo no por esto sean ignoraos en vista que han sido protagonistas de una revolución armada nacida sobre bases populares y si ninguna ayuda externa (URSS, China).  Así propio el disenso de aquel tipo de socialismo podía ser ña sede para un debate o, mejor, para un balance de este segmento de la hisoria política que, como fuere, ha intentado de oponerse al imperialismo americano.

Yo he visitado aún de recuiente Cuba y he visto un pueblo de gram dignidad, que defiende el socialismo, que sufere ciertamente pero no escapa por alcanzar el milagro de una vida burguesa Dios quiera en Miami entgre fascinerosos, especuladores, delincvuentes, espías anticastristas. Y de ahí ¿por qué dejar en el olvido este líder que ha muerto pobre y sobre la trinchera antiimperialista hasta el fin? No srería lógico o creible sostener que la muerte del Comandante Fidel sea un hecho privado o extraño a los intereses populares. Su pueblo lo llora y lo ha llorado y esto es un dato incontrovertible.

Su muerte y su vida no pertgenecen a las masas popualres y ha susintereses? ¿A quién corresponde un juicio del genero? ¿Son de ahí e}nemigos de los obreros y de los campesinos? No lo creo. Cierto que el proceso revolucionario no ha estado libre de errores y desviaciones, pero ha resistido los asaltos de los círculos reaccionarios e imperialistas.

He léido en estas semanas otros comentarios (las vicisitudes grillinas de la Junta Raggi, la ley de apellido materno, etc.), todas cuesiones que no calientan el corazón. Por último la nomenklatura de Corea del Norte y de Rusia la ret enido el celebrar con declaraciones (de fachada) de su lider la figura de un protagonista de los últimos 60 años que no puede ser cancelada con un trazo de pluma.

Buen trabajo.
V. Rossi, via e-mail

Respuesta de El Bolchevique:

El hecho de que no hayamos hablado de la muerte de Castro no sostiene automáticamente la tesis, que aparece implicita en tú crítica,  de “ignorar Guevara y Castro” y de querer evitar “un debate y un balance” sobre la revolución cubana. Basta digitar sobre un motor de búsqueda la palabra “Cuba, PMLI” para acceder a toda una serie de artículos del “El Bolchevique”, aún si no completa, con los cuales hemos expresado profundamente nuestras posiciones sobre los dos líderes y sobe la situación cubana, de los Congreso del PC de Cuba al criminal embargo imperialista sobre la isla, de las “reformas” económicas a los recientes deesarrollos de las relaciones con la UE y los USA, y así en adelante. Entre estos artículos podrás encontrar, si nolo has léido, aún el fundamental documento del Secretario General del PMLI, escrito en 1995, del título “Dónde conduce la bandera de Guevara”, que sintetiza de manera profunda y exhaustiva el análisis y el juicio del Partido sobe el castrismo, sobre el guevarismo que es parte integeante y sobre la revolución cubana.

A menos que con tú crítica no quisieses reprocharnos en realidad de no haber hablado de Castro para hacerle una apología como ha hecho por ejemplo el falso Partido Comunista de Rizzo, que ha enviado una delegación a los funerales y para el cual Castro ha sido “un gran dirigente marxista-leninista” (de “Sin tregua”, órgano de la FGC) y “el dirigente comunista que ha sabido mantener firme la construcción de la sociedad socialista después de los eventos contrarrevolucionarios en la URSS y en el este Europa”; el lider cuyo nombre “quedará escrito en las páginas de la historia junto a aquellos de los grandes revolucionarios de ayer, y en eso estamos convencidos, a aquellos de mañana. En tú nombre compañero Fidel continuaremos nuestra lucha. ¡Hasta siempre Comandante!”. (Del sitio del PC). El mismo oportunista y embaucador trozkysta Rizzo, pon cuidado, que en una entrevista del 28 de abril de 2008 en el  “Il Giornale” de la familia Berlusconi,  a la pregunta de cual fuese su idea del socialismo por realizar en Italia, así desvelaba su verdadero pensamento “Cuba por la pasión que allí hay. Pero sólo por la pasión. Si me pides si se está mejor en Cuba o en Italia, digo Italia. Soy comunista, de ningún modo tonto”.

Nosotros que  no somos hipócritas y no tenemos dos caras como Rizzo, una para engañar a los sinceros comunistas y la otra para reasegurar a los lectores de “Il Giornale” y a los espectadores de la TV Mediaset, donde es siempre bien aceptado en ropaje de revolucionario de salón, reafirmamos todo nuestro sostén a la revolución cubana, en cuanto dirigida a defender la independencia nacional y a oponerse al imperialismo y al bloqueo hambreador impuesto por los  Estados Unidos. Pero al mismo tiempo reafirmamos también de no considerar Cuba un Estado Socialista, ni a Fidel Castro un marxista-leninista, ni la revolución antifascista y antiimperialista de 1959 un modelo universal para el proletariado, como lo son al contrario la Revolución de Octubre dirigida por Lenin y Stalin y la Revolución china dirigida por Mao.

Castro vassallo del socialimperialismo sovietico

Cuba no es un País socialista, es un País antiimperialista gobernado por uan élite burocrático burguesa revisionista que sólo de palabra y en manera instrumental se reclama al socialismo. No lo es nunca lo ha sido, porque de súbito esta élite, que había conducido victoriosamente la guerrilla contra el dictador fascista Batista, al servicio del imperialismo americano, la vendió al la URSS revisionista de Kruschev, haciéndola devenir una suerte de su colonia, con una economía basada sobre la monoproducción de caña de azucar,  y una base militar suya, con la instalación aventuera y fracazante de los misiles de  los revisionsitas soviéticos en la isla.

Sucesivamente el gobierno cubano ha continuado a desempeñar un papel de vasallo de la URSS revisionista aún  cuando ésta se ha transformado en el Estado socialimperialista y agresivo de Brezhnev, hasta el punto de servirle de “legión extranjera” para sus aventuras militares en otros países, como por ejemplo en Angola, Mozambique y Etiopía. En América Latina el castrismo, una variante cubana del trotzkysmo, afín a la “revolución permanente” de Trotzky, ha teorizado e intentado de poner en práctica, con destino fracazante y muchas veces desastrosos, la exportación de la revolución basada en el “foco guerrillero”.

Experiencia vencedora en la revolución de 1959, pero sólo por circunstancias del todo particulares sino irrepetibles, como lo ha demostrado la trágica vicisitud de Guevara, que después del fracaso de su primera tentativa de exportar la revolución al Congo se empeño en repetir esta experiencia individualista y aventurera en Bolivia en donde encontró la muerte del todo aislado y extraño a las masas que quería idealistamente coenvolver con su simple ejemplo. Como ha dicho el compañero Scuderi en el citado documento “Dónde  conduce la bandera de Guevara”: “No es suficiente morir por una causa en la cual se cree. Para ser definidos internacionalistas proletarios es necesario que esta causa sea justa, pero también la línea que se persigue y las acciones que se cumplen deben ser justas”.

Y la línea de Guevara, así como aquella de Castro era todo otra que marxista-leninista, inspirada en los Grandes Maestros del proletariado internacional, bien si tenía como modelo al revolucionario nacionalista José Martí, y en el encuentro mundial que entonces oponía a los verdaderos marxistas-leninistas, guiados por Mao, y los revisionistas kruschevianos y brezhenevianos, se cuadraron decisivamente con estos últimos, contribuyendo a aislar a China y Mao en el movimiento comunista internacional y provocando así un grave daño a la causa de la revolución y del antiimperialismo.

Ataques a Mao y Stalin

De palabra Castro y Guevara proclamaban su equidistancia entre las dos posiciones nconcilibles, pero de hecho y con esto aislavan a Mao y servían el juego de los revisionistas. A Este propósito, en el libro-entrevista “Fidel Castro, autobiograsfía a dos voces”, dsel director de “Le Monde Diplomatique” Ignacio Ramonet, el lider cubano admite en efecto: “Me hubiera placido conocer a Mao. No fue posible porque casi  súbuito surgieron problemas y divergencias a causa del conflicto  cino-soviético... no olvido la carta en la cual pedía a China y a la URSS de unirse, de superar la rivalidad”.

Alli aparecen además numerosos ataques de Castro a Mao, que “cometió graves errores políticos” a causa del “excesivo culto a la personalidad que le venía tributado” y que entre otro había hecho la Gran Marcha “sólo para demostrar que todo era posible”;  así como a la Gran Revolución Cultural Proletaria y también a Stalin, de Castro acusado por último de no apoyo postumo a la revolución cubana: “Después del riunffo de 1959 –se lee en el susodicho libro-entrevista- el apoyo de la URSS fue fundamental. Huvbiera sido en modo diverso en 1953 (esto es si hubiese tendido éxito su primera tentativa insurreccional del asalto al cuartel Moncada, ndr). En la URSS prevalecía el espíritu y la política stalinista y bien que Stalin fuese ya muerto desde  algunos meses, en marzo de 1953 se estaba aún en la era staliniana. Y Stalin no era Kruschev”.

Es un dato de hecho que Castro no creía en el socialismo realizado en la URSS de Stalin y en la China de Mao, mientra andaba del brazo, por último con Gorbatchov, con los autores de la restauración del capitalismo en aquellos países.

Hacia la plena restauración del capitalismo

Después de la caída deñ socialimperialismo soviético y de sus países satelites, y la restauración en dichos países y en China del capitalismo, también Cuba, aunque continúo proclamándose socialista, se está gradualmente abriendo a la propiedad privada y al mercado capitalista, sobre todo a partir del VI Congreso del PCC del 2011, que ha abolido la tarjeta igualitaria en vigor desde 1962, reintroducida la pequeña propiedad privada de la tierra, de las casas y de la pequeña empresa, abierto a las inversiones extranjeras y programado el licenciamiento de más de un millón de dependientes públicos en cinco años. Para no hablar de la clamorosa marcha atrás ideológica de Castro de la venta de Cuba al la Iglesia Católica, a partir de la triunfal visita a la isla del papa negro Wojtila.

Con el VII Congreso de 2016 esta línea revisionista a sido ulteriormente llevada adelante con la palabra de orden significativa del “socialismo próspero y sostenible”, o en otras palabras “menos Estado y más mercado”, basada en la reintroducción de la regla de la demanda y la oferta que, como lo ha dicho Raúl Castro, “no es enemiga del principio de la planificación”. Un decisivo viraje capitalista que ha abiero la senda a la firma de un conspicuo acuerdo económico con la UE imperialista (después de aquella operante desde tiempo con España) y el reciente deshielo con el imperialismo USA.

El cual ya se prepara a desenmbarcar en fuerza en la isla con toda la potencia de los dolares para transformarla de nuevo su semicolonia como en el pasado, si el pueblo cubano no lo descubre desconfesando la política de sus líderes burgueses, revisionistas y oportunistas y empuñando con fuerza la bandera de la independencia nacional, del antiimperialismo y del socialismo.

Inmaginamos que a este punto habrás compendido por qué no hemos hablado de Castro a su muerte. Aquello que tenemos que decir sobre él lo hemos dicho cuando era en vida. Es esta posición que tenemos cuando mueren los líderes falsos.




 

2 comentarios:

  1. En modo alguno la Revolución Rusa ni la de Mao, son modelos de nada. Son referentes eso sí, en modo alguno son modelos, porque para los marxistas la sociedad está en continua transformación (sobre todo por los avances tecnicos y científicos aplicados a la producción), y tiene en la lucha de clases, su motor.
    Sé que no sois muy "amigos" del debate de ideas, cuando esas ídeas son contrarias. Al parecer, se ha instalado el troskismo elitista, mediante el entrismo, repartiendo carnéts de socialista y purismo M-L, mientras la clase obrera y nuestros problemas permanecemos invisibles. El marxismo no es un dogma, sino un medio o herramienta, que tiene su praxis en el M-L ¿Donde está la lucha antimperialismo hoxhista? ¿La de Mao? Se fue en una construcción maníaca de bunkers y en abrazos al fascista genocida de Nixon, al régimen del carnicero Franco y a las reformas capitalistas del antes denostado por el propio Mao?. Porque mientras se "idolatra" a ellos, tratar a los movimientos de liberación africanos, como "aventurismo" y a patriotas como Lumumba de marionestas, clama al cielo.
    Ya me gustaria ver haciendo a algunos una Revolución autosuficiente, con una industria propia y a un proletariado concienciado, en una pequeña isla sin recursos naturales. Monocultivo económico y troskismo tan poco amigo del "pequeño burgués" campesinado, no cuela camaradas. ¿Qué problema hay con la visita del jefe del estado mafioso del Vaticano?. No fué el mismo Stalin quién permitió la ley musulmana sharia en canatos donde era reclamado por la amplia mayoría de la población, mientras no entorpeciera el camino hacia el comunismo. Cuba era un estado en poder de la mafia, donde el payaso Batista, (puesto por el "amigo gringo" que quería la pasta del crimen organizado pero sin los criminales), estaba a sueldo del mafioso judio Mayer Lansky. Cuba se unió a quién pudo, como Vietnam, RPDC y los otros, una vez que el imperialismo lo chantajeó. Son circunstancias que dialécticamente hay que tener en cuenta, como el bloqueo. Me niego a hacer de "tonto útil" del imperialismo, practicando el onanismo mental en suposisiones subjetivas, de analizar el proceso revolucionario cubano subjetivamente, sin bloqueo. Sobre lo de burgués y capitalista siendo antimerialista, cuando el imperialismo es el ineludible fase superior del capitalismo, dá para mucho. Lo de como introducir las reformas necesarias para dinamizar la economía socialista, sabiendo que cualquier abertura a la iniciativa privada, es suicida, porque el sistema de producción hasta llegar a la sociedad comunista, es capitalista y se comercía en mercados capitalista, es el eterno debate. Debate que tienen cubanos, como antes los chinos. Ignorar cualquier mejora de la clase obrera, instalarse en la crítica (siempre necesaria) continua, sin aportar soluciones...con nula utocrítica, es formar parte del problema. El fascismo, pese a que nunca fué su clase caladero, se instala hoy en la clase trabajadora, sustituyendo a los comunistas y grupos de clase, ¿de quién es la culpa?...de los trabajadores y del burgués Fidel y burgués, Guevara, seguro.

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    1. Empiezas con una aseveración errónea y atentatoria a los principios que dice o crees defender, con eso de “son modelos de nada, referentes eso sí”. En vano intento de rebajar la importancia de principio de la Gran Revolución de Octubre en Rusia de 1917 y la Revolución China de 1949, conducidas por Partidos Comunistas auténticos. Al rebajar, en realidad negar, el valor universal de las lecciones de ambas revoluciones proletarias, adscriptas ambas a los principios marxistas leninistas, dirigidas por auténticos partidos comunistas -no cubiertos por siglas políticas propias del revolucionarismo pequeñoburgués- y cuyas metas y tareas políticas y económicas previamente establecidas en sintonía con las masas obreras y masas trabajadoras (como serían la liquidación no sólo del régimen político vigente sino al Estado burgués, la instauración de la Dictadura del Proletariado, en caso de la Rusia de Lenin y Stalin, y de la Dictadura Democrático-popular camino a la dictadura del proletariado y la construcción del socialismo, etc.), en desmedro de una revolución democrático burguesa, con dirección burguesa e inspirada en un nacionalista demo-burgués, muy alejada pues de los principios revolucionarios proletarios marxistas leninistas, lo que echa abajo . Con ello, pones en evidencia tu incoloro “marxismo leninismo”. Pues de él no hay traza alguna en tús aseveraciones.
      Dices luego “no sois muy amigos del debate de ideas”. Esto es una idea nacida de los prejuicios y la mala intención. Como deja ver esa expresión, que no has abierto un libro de la historia general del movimiento Comunista internacional, desde Marx, Engels, Lenin y Stalin hasta Mao; o como mínimo, te has quedado empantanado en los folletones de la editorial progreso y Novotny. Por ello, no te has dado cuenta que todas sus vidas políticas concretas y sus elaboraciones teóricas, son una polémica permanente con embaucadores, embrollones, falsificadores y “vendedores de pócimas sociales” burguesas, de revisionistas de viejo tipo, modernos y postmodernos. Como tampoco, o ya porque no te ha interesado o ya porque ha afectado tu particular interpretación del pensamiento ¿marxista?, te has adentrado en los ricos, permanentes y esclarecedores debates y polémicas constructivas escenificados en el seno del Movimiento Comunista Internacional (Marxista-Leninista-Pensamiento Mao y/o Marxista-Leninista-Maoísta) desde la última mitad del siglo XX a la fecha.

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